IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 1185/1990
 proposto da Severino Natale, Giannotti Carmine, Quadri  Maria,  Baldi
 Renata,  Marini  Maria  Claudia, Corsi Piero, Ficorilli Adriana, Riso
 Nicoletta, Sforza Anna Antonietta, rappresentate e  difese  dall'avv.
 prof.  Federico  Sorrentino,  presso  il  quale domiciliano, in Roma,
 lungotevere delle Navi n.  30,  contro,  il  Ministero  degli  affari
 esteri,  in  persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la  quale  domicilia  in
 Roma,  via  dei  Portoghesi  n.  12,  per  l'annullamento dei decreti
 ministeriali con cui e' stato determinato, ai sensi dell'art. 84  del
 decreto  del  Presidente della Repubblica n. 18/1967, nella misura di
 1/7   dell'indennita'   di   servizio   all'estero   il   canone   da
 corrispondersi  per gli alloggi dati dall'Ambasciata italiana a Mosca
 ai ricorrenti;
   Per  l'accertamento  del  diritto  dei   ricorrenti   a   percepire
 l'indennita'  di  servizio  all'estero  e di sistemazione con la sola
 deduzione  dei  canoni   corrispondenti   all'effettivo   costo   per
 l'Amministrazione  italiana  degli  alloggi  da  loro  occupati; e la
 conseguente condanna dell'amministrazione al rimborso delle  maggiori
 somme  finora  trattenute,  con  rivalutazione monetaria ed interessi
 legali;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'amministrazione
 intimata;
   Viste  le  memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Udito nella pubblica  udienza  del  23  gennaio  1997  il  relatore
 consigliere  E.  Pugliese  e udito, altresi', l'avv. Sorrentino per i
 ricorrenti;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Viene  proposta  l'impugnativa  in epigrafe specificata, a sostegno
 della quale i ricorrenti  -  tutti  dipendenti  del  Ministero  degli
 affari  esteri  in servizio a Mosca con varie qualifiche (coadiutori,
 assistenti commerciali, cancellieri,  periti  tecnici)  ad  eccezione
 della   professoressa   Maria   Quadri,   insegnante   di  ruolo  con
 destinazione all'estero ai sensi del  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica  23  gennaio 1967, n. 216 - deducono censure di violazione
 di legge e di eccesso  di  potere  sotto  vari  profili,  in  ricorso
 adeguatamente illustrate ed argomentate.
   In  particolare,  evidenziano  il  fatto  che  dalle considerazioni
 svolte in ricorso "discende in modo chiarissimo  l'irrazionalita'  di
 un  sistema  -  prefigurato  dagli  artt.  84  e  175 del decreto del
 Presidente della Repubblica  n. 18/1967 - che, nella rigidita'  delle
 decurtazioni  delle  indennita'  di  cui  si  tratta, non consente di
 adeguare gli oneri  a  carico  dei  dipendenti  all'effettivo  costo,
 dell'alloggio  loro fornito" e pertanto, previa remissione degli atti
 alla Corte costituzionale, chiedono "l'annullamento degli illegittimi
 provvedimenti" posti in essere  nella  determinazione  dei  canoni  a
 carico  dei  ricorrenti e la condanna dell'amministrazione intimata a
 restituire le indennita' trattenute ai ricorrenti nella parte in  cui
 eccedono   i   costi   effettivamente   sostenuti,  con  interessi  e
 rivalutazione monetaria".
   Con atto depositato il 6 dicembre 1990 la  ricorrente  Sforza  Anna
 Antonietta rinunciava al ricorso.
   Con  atti  in  data  3  febbraio 1994 e 30 giugno 1995 i ricorrenti
 deducevano,  a  seguito  di  successiva   documentazione   depositata
 dall'amministrazione,  motivi  aggiunti di gravame ed insistevano per
 l'accoglimento   del   ricorso   previa   rimessione    alla    Corte
 costituzionale.
   Si costituiva l'amministrazione intimata per resistere al ricorso e
 chiedere  -  con  formula  di  rito  -  la  reiezione dell'interposto
 gravame.
   Con decisione n.  375/1995  veniva  dato  atto  della  rinuncia  al
 ricorso da parte della ricorrente Anna Sforza e nel contempo venivano
 disposti incombenti istruttori, poi espletati dall'amministrazione.
   All'udienza odierna la causa veniva spedita in decisione.
                             D i r i t t o
   Va  premesso  che  i ricorrenti sono dipendenti del Ministero degli
 affari esteri in servizio a Mosca con varie  qualifiche  (coadiutori,
 assistenti  commerciali,  cancellieri,  periti  tecnici) ad eccezione
 della prof.ssa Maria Quadri, insegnante  di  ruolo  con  destinazione
 all'estero  ai  sensi  del decreto del Presidente della Repubblica 23
 gennaio 1967, n. 215.
   Per tali incarichi essi percepiscono  dal  Ministero  degli  affari
 esteri  la  speciale  indennita'  di servizio nonche' l'indennita' di
 sistemazione, previste  dall'ordinamento  dell'Amministrazione  degli
 affari  esteri, approvato con decreto del Presidente della Repubblica
 5 gennaio 1967, n. 18. L'ambasciata  d'Italia  a  Mosca  ha  messo  a
 disposizione  dei ricorrenti alcuni alloggi ottenuti in locazione dal
 governo russo al quale corrisponde i relativi canoni. Non sempre, per
 il vero, essi  ottengono  in  uso  appartamenti  adeguati  alle  loro
 esigenze personali e familiari (invece avviene per i funzionari della
 carriera  diplomatica  ed  amministrativa,  ai  quali  sono riservati
 alloggi di notevole ampiezza, in genere  molto  confortevoli  e  poco
 distanti dalla sede di servizio) atteso che l'amministrazione concede
 loro  in  uso,  prevalentemente,  alloggi  angusti  (di  50-70  metri
 quadrati), nei quali devono  trovare  sistemazione  nuclei  familiari
 composti  anche  di  quattro  persone,  mentre  ad altri colleghi con
 qualifiche di grado intermedio vengono concessi  talora  alloggi  ben
 piu'  ampi,  pur  trattandosi  di persone singole che non hanno molte
 esigenze di spazio. La causalita' con la quale  vengono  assegnati  i
 predetti  alloggi  crea  notevoli disagi ai ricorrenti, coniugati con
 prole,  ma  non  avvantaggia  neppure  quelli   che   dispongono   di
 appartamenti  piu'  idonei  al  loro  fabbisogno abitativo, in quanto
 l'amministrazione  detrae  a  tutti  un  settimo   delle   rispettive
 indennita'  di  servizio  all'estero,  rendendo  estremamente gravoso
 l'onere a loro carico. Infatti, per l'uso di quegli alloggi viene  in
 genere trattenuta dalle indennita' dei ricorrenti una somma superiore
 al   doppio  dei  canoni  (comprensivi  di  spese  di  riscaldamento)
 corrisposti al governo russo. Di  fronte  a  questa  situazione  -  e
 considerato  che  non  esiste  la possibilita' per gli interessati di
 reperire altrove gli alloggi - essi hanno chiesto all'amministrazione
 di  essere  ammessi   ad   effettuare   il   rimborso   delle   spese
 effettivamente  sostenute  dall'Ambasciata.    Senonche' il Ministero
 degli affari esteri ha negato loro questa possibilita', limitandosi a
 richiamare le disposizioni degli artt.   84 e  175  del  decreto  del
 Presidente  della  Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, che prevedono la
 detrazione di almeno un settimo dell'indennita' di servizio e del 20%
 dell'indennita' di sistemazione a  carico  di  coloro  che  fruiscono
 degli alloggi forniti dall'amministrazione.
   Da  qui il sospetto di incostituzionalita' delle suddette norme per
 la rigidita' delle loro previsioni, per la  sproporzione  rinvenibile
 tra  oneri  a carico dei dipendenti ed effettivo costo degli alloggi,
 con conseguente irrazionalita' del sistema  prefigurato  dagli  artt.
 84 e 175 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967.
   Osserva il collegio che mentre manifestamente infondata si appalesa
 la  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 175, secondo
 comma, decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  18/1967,  non
 rinvenendosi sussistere alcun sospetto di irrazionalita' nella scelta
 effettuata   dal  legislatore  di  decurtare  (una  tantum)  del  20%
 l'indennita' di sistemazione a carico  di  coloro  che  fruiscono  di
 alloggio  fornito  dall'amministrazione, non manifestamente infondata
 si appalesa, al contrario, la questione di costituzionalita' riferita
 all'art. 84 stesso decreto del Presidente della Repubblica.
   La decurtazione dell'indennita' di servizio all'estero si  appalesa
 effettivamente  -  come  lamentato  dai  ricorrenti e come confermato
 dall'istruttoria esperita - decisamente svantaggiosa e sproporzionata
 agli oneri  effettivamente  sostenuti  dall'amministrazione:  eppure,
 quest'ultima,   con   le   impugnate  note  di  diniego,  non  poteva
 determinarsi che nei  sensi  appena  riferiti,  stante  l'ineludibile
 disposto normativo recato dall'art. 84, quarto comma, del decreto del
 Presidente   della   Repubblica   5  gennaio  1967,  n.  18  (recante
 l'"Ordinamento dell'amministrazione degli  affari  esteri"),  con  il
 quale si prevede che il personale di ruolo ed a contratto che fruisca
 di  alloggio  in immobili presi in fitto dal Ministero per gli affari
 esteri e' tenuto a corrispondere all'amministrazione  un  canone  "in
 misura   non   eccedente  il  quinto  e  non  inferiore  al  settimo"
 dell'indennita'  di   servizio   all'estero,   "in   relazione   alle
 caratteristiche dell'alloggio e dell'eventuale arredamento. La misura
 del  canone  e'  stabilita  con  decreto  del Ministro per gli affari
 esteri": in tal modo introducendosi  un  elemento  di  rigidita'  che
 finisce  con  lo  sganciare  la misura del canone dal costo effettivo
 dell'alloggio.
   Con decreto 4 febbraio 1983 n.  039/000332,  adottato  in  ossequio
 della  citata  normativa, il Ministero degli affari esteri, dato atto
 di aver "fissato  l'ammontare  della  ritenuta  -  per  godimento  di
 alloggi presi in fitto dallo Stato nella sede sopramenzionata - nella
 misura  massima  consentita  dall'art.  84  del  citato  decreto  del
 Presidente della Repubblica  5  gennaio  1967,  n.  18  e  cioe'  1/5
 dell'indennita'  di servizio e della retribuzione, ad eccezione delle
 sedi di Addis Abeba, Tripoli, Tirana e Mosca, dove,  per  particolari
 situazioni  e  circostanze  connesse  con  le  condizioni  locali, la
 ritenuta e' stata ridotta da 1/5 a 1/7", ha stabilito  (tra  l'altro)
 che  "il  canone  dovuto  dal  personale  di  ruolo  e a contratto in
 servizio presso le sedi di Addis Abeba, Tripoli, Tirana  e  Mosca  e'
 fissato  nella  misura  di  1/7,  rispettivamente  dell'indennita' di
 servizio  e  della  retribuzione",  e  cioe'  nella   misura   minima
 consentita  dalle  norme:  misura  minima  che,  nondimeno,  nel caso
 specifico risulti essere di gran  lunga  superiore  (talora  fino  al
 doppio)  alle  somme effettivamente corrisposte dal M.A.E. al governo
 russo senza che ai dipendenti, quali fruitori degli alloggi presi  in
 fitto  dalla  p.a.,  sia  consentito  di effettuare il rimborso delle
 spese effettivamente sostenute  dalla  stessa  p.a.  o  corrispondere
 direttamente   all'autorita'   straniera   sempre   per   il  tramite
 dell'ambasciatore, i canoni effettivamente posti a loro carico per la
 concessione in uso di detti alloggi: il che avrebbe escluso in radice
 ogni ipotesi di indebito arricchimento dell'amministrazione  a  danno
 dei suoi stessi dipendenti.
   Da   qui  la  presente  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  84, quarto comma, in riferimento agli   artt. 3, 76  e  97
 della  Costituzione,  per  irrazionalita'  di  un  sistema che, nella
 rigidita' ed astrattezza delle decurtazioni dell'indennita' di cui si
 tratta, non consente di adeguare gli oneri a  carico  dei  dipendenti
 all'effettivo costo dell'alloggio loro fornito.
   Oltre  a violare il generalissimo principio di buon andamento della
 p.a., l'irrazionalita' in parola - come  rilevato  dai  ricorrenti  -
 viola  il  principio  di  eguaglianza,  configurato  come esigenza di
 razionalita' delle qualificazioni legislative, cui segue  il  divieto
 non  solo  di  differenziare  situazioni  uguali,  ma anche quello di
 equiparare situazioni diverse, e viola anche  l'art.  3  n.  6  della
 legge  13  luglio  1965, n. 891, avente ad oggetto "delega al Governo
 per    l'emanazione     di     norme     relative     all'ordinamento
 dell'Amministrazione   degli   affari   esteri",  che  stabilisce  il
 principio dell'"adeguamento degli assegni all'estero, agli  effettivi
 oneri  dipendenti  dallo  svolgimento  delle varie funzioni, anche in
 connessione con l'eventuale rimborso, totale o parziale, delle  spese
 di alloggio...".
   A  cio'  si  aggiunga che l'astrattezza con la quale il legislatore
 delegato e' intervenuto a dettare la disciplina delle trattenute  per
 coloro  che  fruiscono  di  alloggi  impedisce evidentemente di tener
 conto delle diverse situazioni concrete, finendo con  l'avvantaggiare
 i  dipendenti  che  ottengono  alloggi  piu' costosi e confortevoli a
 danno di quelli che fruiscono di  alloggi  modesti,  piccoli  e  meno
 costosi:  a fronte, cioe', della predeterminazione nella misura fissa
 di un settimo dell'indennita' di servizio all'estero della trattenuta
 operata  per  l'alloggio,  sta  anche  l'estrema  variabilita'  delle
 dimensioni  degli  appartamenti presi in fitto dal Governo russo, che
 oscillano tra i 30 ed i 130 mq. e, conseguentemente,  dei  costi  per
 ciascuno   di  essi  effettivamente  sopportati  dall'Amministrazione
 italiana.
   La qui proposta questione di costituzionalita' della  norma  citata
 (art.  84,  quarto  comma,  decreto del Presidente della Repubblica 5
 gennaio  1967,  n.  18)  a  giudizio   del   collegio   si   appalesa
 indubbiamente  rilevante ove si osservi che - attesa la chiarezza del
 dettato normativo che fissa in almeno un settimo  dell'indennita'  di
 servizio   all'estero   la   misura   del  canone  da  corrispondersi
 all'amministrazione da parte del personale che fruisca di alloggio in
 immobili locati dall'amministrazione stessa - solo il  riconoscimento
 della fondatezza della questione sollevata renderebbe illegittimi gli
 atti  impugnati che, pertanto, andrebbero annullati da questo T.A.R.,
 con   salvezza,   peraltro,   degli   ulteriori   provvedimenti   che
 l'amministrazione potra' adottare.
   La  stessa  questione  e'  da  ritenersi, inoltre, per quanto si e'
 andato esponendo anche non manifestamente infondata.
   Consegue da quanto innanzi che il presente  giudizio  debba  essere
 sospeso e che gli atti siano rimessi alla Corte costituzionale per la
 decisione  della questione incidentale di legittimita' costituzionale
 sopra specificata.